Ruanda, commutata la condanna a 25 anni per
Paul Rusesabagina che torna ad essere libero. Eroe del film americano "Hotel Ruanda", del 2004, Paul è conosciuto in tutto il mondo per aver contribuito a salvare un migliaio di tutsi durante il genocidio.
La sentenza emessa a settembre del 2021 incriminava l’uomo per terrorismo. Quasi trent’anni fa, in Rwanda, veniva scritta una delle pagine più drammatiche e vergognose della storia umana, una pagina scritta con il sangue di oltre 800mila vite. Tra quelle righe si intrecciarono i destini di miglia di fratelli spinti ad un odio e ad una rivalità che non apparteneva al loro essere.
Cento giorni di sangue e di massacri a colpi di machete che dimostrano dove può spingersi la follia umana e confermano, ancora una volta, che la Storia poco ci ha insegnato! Un dio denaro sempre protagonista e un’Europa, nascosta in una falsa semioscurità, che perpetra gli stessi errori. Fu, infatti, l'amministrazione coloniale del Belgio che, già dal 1926, trasformò una semplice differenziazione socioeconomica in una differenza razziale basata sull'osservazione dell'aspetto fisico degli individui. Gli Hutu erano agricoltori, i Tutsi allevatori, gente mite ed accogliente e i matrimoni misti fra i due gruppi erano molto frequenti. Venne osservato, dai Belgi, che i
Twa, piccola minoranza etnica dell'area, erano di bassa statura e gli
Hutu di media altezza, mentre i
Tutsi erano di altezza maggiore, con i lineamenti del volto e del naso più sottili.
Era il 6 aprile del 1994 quando l’aereo su cui viaggiano Habyarimana e il presidente burundese Cyprien Ntaryamira venne abbattuto da un missile a Kigali.
Era il 7 aprile del 1994 quando La Radio-Télevision Libre des
Mille Collines, lanciò l’appello a sterminare “gli scarafaggi tutsi”. Fu l’inizio del massacro di tutsi e hutu moderati, che dilagò in tutto il paese. In breve tempo, amici, compagni di classe, vicini di casa, divennero spie e assassini e il loro umile strumento di lavoro contadino, il machete, si tramutò in una micidiale arma di sterminio. Circa un milione di morti nell'arco di soli cento giorni e 250mila donne vennero stuprate. Non si risparmiarono nemmeno i bambini. Le acque di fiumi e laghi dell’intera regione si mescolarono al sangue dei cadaveri. E’ durante quei giorni di atrocità inaudita che si staglia la figura di Paul Rusesabagina, direttore dell'Hôtel des Mille Collines. Nonostante la sua posizione e i suoi contatti con persone influenti, non riuscì a fuggire perché sua moglie Tatiana era una Tutsi e i loro figli furono considerati misti. Paul rimase al suo posto, continuando a fare il suo lavoro. Accolse tutti coloro che chiedevano aiuto, Tutsi e Hutu moderati, che cercavano nell'hotel una speranza di salvezza. Circa 1.300 persone trovarono rifugio in uno spazio che era progettato per trecento, di cui quaranta nella sua stanza. Riempì i corridoi, la sala da ballo, i bagni, le dispense e utilizzò l’acqua della piscina per dissetare i rifugiati. Tramite la linea telefonica del fax cercò di sollecitare le sue conoscenze politiche affinché l’albergo fosse risparmiato dalle incursioni armate. Nessun aiuto arrivò dalle Nazioni Unite o dai membri degli stati occidentali finché non furono uccisi più di 800.000 ruandesi. Un dramma quello del Ruanda che è passato quasi inosservato, come a voler essere volutamente nascosto. Un genocidio verso il quale il Mondo pare non abbia interesse a prenderne coscienza, così come molti altri quasi ignorati o addirittura negati o per i quali si sono trovate fantasiose spiegazioni socio-politiche.